Schede e approfondimenti
Ragionamento per assurdo
Con Parmenide (515/510-440 ca.) viene alla luce forma di ragionamento che consiste nel sostenere una tesi mostrando che il suo opposto è contraddittorio. E’ un argomento di riduzione all’assurdo.
Al di là delle apparenze, in cui sembra che tutto muti e divenga altro, per il filosofo di Elea il vero oggetto del pensiero è l’essere, unico, eterno, intero, immutabile, immobile e finito: «Il non essere né lo puoi pensare (non è infatti possibile), né lo puoi esprimere» (DK 28, B2). La tesi fondamentale del ragionamento di Parmenide è chiaramente espressa: “L’essere è e non può in alcun modo non essere. Il non essere non è e non può in alcun modo essere” (DK 28, B2). Si viene così a creare un sistema a due valori (essere e non essere) dove si afferma l’essere e si nega il non essere. Vi sono cioè le premesse per costruire una giustificazione della tesi attraverso la riduzione all’assurdo della tesi opposta.
Orbene io ti dirò e tu ascolta attentamente le mie parole,
quali vie di ricerca sono le sole pensabili:
l’una [che dice] che è e che non è possibile che non sia
è il sentiero della Persuasione (giacché questa tien dietro alla verità);
l’altra [che dice] che non è e che è necessario che non sia,
questa io ti dichiaro che è un sentiero del tutto inindagabile:
perché il non essere né lo puoi pensare (non è infatti possibile),
né lo puoi esprimere […]
È necessario dire e pensare che l’essere è. L’essere infatti è,
mentre nulla non è […]
Non resta ormai che pronunciarsi sulla via
che dice che è. Lungo questa sono indizi in gran numero.
Essendo ingenerato è anche imperituro,
tutt’intero, unico, immobile e senza fine.
Non mai era né sarà, perché è ora tutt’insieme,
uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare?
Come e donde il suo nascere? Dal non esser e non ti permetterò né
di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare
ciò che non è […]
In che modo mai sarebbe venuto all’esistenza?
Se fosse venuto all’esistenza non è e neppure se è per essere nel futuro.
In tal modo il nascere è spento e non c’è traccia del perire.
Neppure è divisibile, perché è tutto quanto uguale.
Non vi è in alcuna parte un di più di essere che possa impedirne la contiguità,
né un di meno, ma è tutto pieno di essere.
Per cui è tutto contiguo: difatti l’essere è a contatto con l’essere […]
È la stessa cosa pensare e pensare che è:
perché senza l’essere, in ciò che è detto,
non troverai il pensare […]
Parmenide, Sulla natura, DK 28 B8, trad. it. in I Presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Roma-Bari 1990, vol. 1, DK28, fr. 2, 1-8, fr. 6, 1-2, fr. 8, 1-9, 19-25, 34-36 della numerazione classica del DK).
Come si comprende dal testo citato, la struttura del ragionamento di Parmenide si articola in alcuni passaggi ben definiti.
- Affermazione di un principio assunto come vero: “L’essere è e non può in alcun modo non essere. Il non-essere non è e non può in alcun modo essere”
- Tesi: si afferma ciò che si vuole dimostrare, cioè “l’essere è ingenerato”.
- Contro-tesi: si nega la tesi e si sostiene che “l’essere è generato” (= non è ingenerato).
- Da questa contro-tesi si traggono delle conseguenze logiche: nel nostro caso se l’essere è generato, esso deriva da altro da sé. Non trattandosi di essere, esso sarà non-essere. Quindi, se è generato, l’essere deriva dal non-essere.
- Si rileva una contraddizione tra una conseguenza della contro-tesi (cioè “l’essere deriva dal non essere”) e quanto si è assunto in 1 (cioè “Il non essere non è e non può in alcun modo essere”).
- Si rileva che si è violato il principio di non-contraddizione e quindi la contro-tesi, che porta a una contraddizione, è falsa.
- Applicazione del principio del terzo escluso: se la contro-tesi è falsa, allora la tesi è vera. Ed è proprio ciò che si voleva sostenere, cioè che “l’essere è ingenerato”.
È qui opportuno sottolineare che siamo comunque in presenza di un’argomentazione e non di una dimostrazione. Infatti, basta porre in discussione il principio di partenza perché tutta l’impalcatura del ragionamento venga meno. Nel nostro caso, basterebbe ammettere che tra essere e non essere esiste una terza possibilità, quella di un divenire che in parte è e in parte non è. Su questa base, i predicati dell’essere non sono più giustificabili, o almeno non lo sono più utilizzando lo strumento della riduzione all’assurdo.