Schede e approfondimenti

Paradosso

Da para(a lato) doxa(opinione) il paradosso indica un’affermazione che sembra accettabile, per le premesse da cui deriva, eppure si presenta come contraria all’opinione comune.

Con il movimento sofistico, nel V sec. a.C., il ricorso ai paradossi ed alle confutazioni delle tesi avversarie si diffonde. Quello sofista è un movimento che ritiene la verità irraggiungibile: ciò che prevale è quindi la forza del discorso con cui si sostengono le proprie tesi, indipendentemente dal loro valore in sé. In questo contesto il sofista cerca prevalentemente di mettere in difficoltà la tesi avversa, piuttosto che giustificare la propria concezione. Da qui il ricorso frequente alla confutazione dell’avversario e allo stesso paradosso. Un esempio di utilizzo critico del paradosso si ha con i Megarici (IV sec a.C), che si concentrarono sulle debolezze e le ambiguità del linguaggio, giungendo ad esiti distruttivi per la capacità di fornire argomenti e giustificazioni razionali

Vi è quindi un uso costruttivo e un uso distruttivo del paradosso.

Uso costruttivo:in questo caso (ad esempio con Zenone) esso serve, pur indirettamente, a giustificare una tesi, l’impossibilità di applicare la razionalità, rigorosamente intesa, al divenire. Come nel ragionamento per assurdo si mostra la contraddittorietà della tesi opposta a quella che si vuole affermare, così con il paradosso si mostra l’insostenibilità rispetto al senso comune della tesi opposta a quella che si vuole sostenere.

Alcuni paradossi di Zenone

La meta irraggiungibile: ciò che si muove deve giungere prima alla metà del percorso, poi alla metà di ciò che resta e poiché tali metà sono infinite, non giungerà mai a destinazione.

Achille e la tartaruga: il più lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce, perché chi insegue deve prima arrivare là dove si trovava il più lento, che nel frattempo si è spostato. Della distanza rimasta si può dire la stessa cosa e così all’infinito.

Vi è poi un uso distruttivo del paradosso, in cui si cerca di mostrare l’impossibilità a dire il vero o anche solo a dire qualcosa. E’ il caso dei paradossi di origine megarica.

Paradossi megarici

Sorite: Un solo chicco di grano non fa un mucchio; se a questi ne aggiungo uno, anche così non ottengo un mucchio; se a questi ne aggiungo un altro, anche così non ho un  mucchio…

Uomo incappucciato: Conosci tuo padre? – Certamente sì. – Se io presentandoti un individuo incappucciato ti chiedessi: “Conosci costui?” che cosa risponderesti? – Certamente no. – Eppure quello era proprio tuo padre: cosicché conosci tuo padre e non conosci tuo padre.

Il cornuto: Tu hai ciò che non perdesti, ma non perdesti le corna, quindi tu hai le corna.

Si ricorre infine al paradosso come forma di antinomia, cioè di enunciati da cui derivano due conseguenze contraddittorie, entrambe giustificabili.

Paradossi del mentitore

Se dici che menti, o menti, e allora dici il vero, o dici il vero, e allora menti.

“Questa frase è falsa”: se la proposizione è vera, allora dice il falso. Ma se è falsa, allora dice il vero.

Già Aristotele aveva mostrato che tali paradossi si risolvono distinguendo tra uso e menzione della proposizione, sostanzialmente distinguendo tra linguaggio e metalinguaggio.