Schede e approfondimenti
Le crisi petrolifere degli anni Settanta
Caratteri economici
- Rialzo dei prezzi del petrolio
- Aumento dei costi di produzione
- Aumento dei prezzi
- Stagflazione (recessione+inflazione)
- Aumento del debito pubblico
- Riduzione dei consumi energetici (ove possibile)
Nel 1971, c’era stata la grande svolta della fine del sistema di Bretton Woods, che aveva accompagnato complessivamente i rapporti finanziari e monetari dal dopoguerra. Oltre alla fine degli accordi di Bretton Woods nell’agosto del ‘71, dal punto di vista economico vi sono almeno tre elementi da prendere in considerazione: la nuova spinta protezionistica degli Stati Uniti, i rapporti che si fanno più conflittuali tra stati Uniti e Europa e il fatto che si era a ridosso della grande apertura con la Cina, come nuovo orizzonte geoeconomico.
Dal punto di vista militare, immediatamente prima della crisi del ‘73 nascono nell’area dei nuovi regimi militari, frutto di colpi di stato: la Libia (1969), il Sudan, la Siria e l’Iraq (1968). Sono quattro aree che negli anni a noi più vicini sono gli epicentri di maggiore crisi, fatta eccezione per l’Afghanistan che arriverà successivamente. All’epoca questi rovesciamenti politici in gran parte sono stati visti con atteggiamento positivo, perché significavano la fine di regimi vecchi, arretrati e monarchici e quindi, benché fossero colpi di stato, si presumeva che fossero di stampo progressista. I fallimenti di questi nuovi regimi apriranno le porte a un nuovo grande tema, che è quello della rinascita e della presenza nuova dell’Islam, con la rivoluzione iraniana del 1979. Non bisogna poi dimenticare che nel 1972, un anno prima della guerra del Kippur, c’è stato l’episodio nuovo e dirompente alle Olimpiadi di Monaco in cui un commando di terroristi dell’organizzazione palestinese Settembre Nero prese in ostaggio e uccise alcuni atleti israeliani.
Quella del 1973 non è stata una crisi economica in senso proprio. L’interpretazione più diffusa è quella che vede confluire in essa tre crisi parziali, che insieme crearono una situazione di crisi diffusa.
Fu anche una crisi militare, infatti nel 1973 inizia la guerra del Kippur, che fu un momento di quel lungo conflitto arabo israeliano che costituisce, insieme a quello del Kashmir la più lunga dinamica di guerra presente nel mondo dopo il 1945. Sono le due aree in cui ancora oggi vi sono tensioni e conflitti. Sono anche guerre a bassa intensità rispetto ad altre, ma la loro durata nel tempo, soprattutto il conflitto arabo israeliano, ha un importante significato politico globale.
Fu anche in qualche modo una crisi economica diversa tuttavia da quella del 1929. A differenza della crisi da sottoconsumo del 1929 questa volta il problema non era la mancanza di domanda da parte di lavoratori troppo mal pagati per potersi comprare le automobili che producevano. Al contrario, le paghe operaie crescenti e l’intelligenza di alcuni imprenditori che avevano cominciato a produrre beni di prezzo accessibili ai loro dipendenti (un caso per tutti: la 500 FIAT) avevano evitato il ripetersi delle dinamiche degli anni ’20. Il problema del 1973 era un altro: dopo alcuni decenni di acquisti di massa (il famoso consumismo, alimentato da grandi strategie pubblicitarie) le case di molte famiglie occidentali cominciavano ad essere colme di merci. Inevitabilmente si arrivò a un calo della domanda di nuove merci e di conseguenza le strategie di produzione e di vendita delle imprese dovettero riorientarsi per far sì che le famiglie anziché comprare ex novo un bene che prima non possedevano (televisore, automobile), si limitassero a sostituire i beni che già avevano con altri, più belli, più grandi, più desiderabili. In termini tecnici finiva l’epoca del mercato di riempimento e iniziava quella dei mercati di sostituzione ( meno redditizi perché la concorrenza obbligava le case produttrici a ribassare i prezzi e a farsi la guerra commerciale ).
È stata una crisi petrolifera, cioè una crisi settoriale, come era accaduto in passato con crisi agricole e industriali che avevano accompagnato lo sviluppo, senza tuttavia determinare una crisi complessiva. Così nel 1973 entrò in sofferenza un settore molto importante per l’economia, quello energetico e petrolifero. Durante la crisi del 1973-’74 il mondo occidentale conobbe la brusca carenza di petrolio e il conseguente aumento a livelli stellari dei prezzi dell’energia. Il miracolo economico degli anni ’60 si era tradotto in crescite impressionanti del Prodotto interno lordo (PIL), ossia della ricchezza prodotta dalle nazioni: in Giappone, per l’intero decennio il PIL, aumentò di una media del 10,1% all’anno, in Italia del 5,4%. All’inizio degli anni Settembre si ridimensionò la forza propulsiva dei miracoli economici e in questo contesto l’aumento impressionante del costo dell’energia rappresentò un fattore di crisi. Nel secondo dopoguerra l’economia dei Paesi industrializzati era fortemente dipendente dal petrolio, divenuto la più importante fonte di energia per la produzione industriale, la produzione agricola e il sistema dei trasporti. La sua relativa scarsità ( il petrolio non è una fonte rinnovabile) veniva vista come un problema di lungo periodo , e il suo prezzo molto basso permetteva di non appesantire i costi delle economie occidentali. Ma nel 1973 accadde l’imprevisto: l’OPEC (l’alleanza dei Paesi produttori di petrolio, quasi tutti di lingua araba) decise di sospendere improvvisamente le forniture di greggio agli Stati occidentali. Questi ultimi avevano infatti appoggiato Israele, facilitandogli la vittoria nella guerra dello Yom Kippur, che nell’ottobre di quell’anno lo aveva opposto agli Stati arabi di Siria ed Egitto. La ritorsione dell’OPEC si tradusse in un aumento improvviso e molto elevato del prezzo del petrolio. La scarsità di petrolio e la forte crescita dei suoi costi si tradussero rapidamente nell’intero Occidente in una riduzione generalizzata delle attività di produzione e di trasporto, in un ulteriore calo dei profitti imprenditoriali e in un aumento del prezzo di tutte le merci, ossia in un meccanismo di inflazione.
Gli effetti di lungo periodo della crisi
Dal punto di vista economico gli anni successivi saranno quelli della grande inflazione, della contrazione dei consumi, della recessione, di quella che sarà chiamata stagflazione.
Sul terreno petrolifero si verifica un aumento dei prezzi e anche dei profitti in maniera differenziata. Ci saranno soprattutto nuovi accordi, da cui deriveranno effetti di breve e lungo periodo.
Da un punto di vista militare, cinque anni dopo vi furono gli accordi di Camp David che sembrarono allora una grande speranza e un’opportunità nuova per porre fine al conflitto arabo-israeliano, che invece poi farà diventare cronica la questione palestinese in modo diverso.
Altri effetti di lungo periodo sono da mettere in evidenza: a partire da questa crisi comincia in occidente il processo di terziarizzazione e di delocalizzazione, soprattutto delle strutture industriali, qualcosa che sarà molto più chiaro successivamente negli anni Ottanta; è appena all’inizio, in quegli anni, il processo di informatizzazione. È negli anni Settanta infatti che nasce l’information technology.
Se la crisi del 1973 – ’74 ha lasciato un segno profondo nella memoria comune in quanto primo momento di difficoltà delle economie occidentali a partire dal 1945 (difficoltà plasticamente rappresentate dalle domeniche senza auto nell’Italia di fine 1973), la crisi del 1979 ebbe minore impatto comunicativo, ma lasciò tracce ancora più profonde nelle politiche economiche del trentennio successivo.
La cronaca del 1979 registrò una seconda crisi petrolifera con dinamiche molto simili a quella del 1973-’74: un forte aumento del prezzo del petrolio dovuto a un evento politico nell’area asiatica (in quest’occasione si trattò dell’avvento al potere di Khomeyni in Iran e della successiva guerra con l’Iraq di Saddam Hussein; entrambi gli avvenimenti determinarono un brusco calo della produzione di petrolio). Anche in questo caso l’aumento dei prezzi del greggio si tradusse in una forte inflazione, diffusa in tutto il mondo occidentale
Alla fine degli anni Settanta la situazione economica del cosiddetto Primo mondo aveva quindi accumulato diversi elementi critici da un punto di vista capitalistico: crisi di sovrapproduzione, crescita dei salari/calo dei profitti, incertezza nei valori delle monete, inflazione.
Nell’arco di un triennio (1979-’82) le risposte di politica economica a questo stato di cose, provenienti dal mondo anglosassone e diffuse poi in tutto l’Occidente, modificarono profondamente gli orientamenti economici planetari.
L’insieme di queste risposte viene chiamato neoliberismo e sebbene il termine sia molto impreciso è ormai indubbio che in quel periodo si sia passati dal keynesismo del “trentennio glorioso”, al declino dello Stato come regista e attore dello sviluppo economico (complice anche l’avvento al potere di due politici fautori della primazia del privato, Margareth Tatcher nel Regno Unito dal 1979 e Ronald Reagan negli USA dal 1980).
fra i tanti segnali di questo cambio di paradigma per semplicità se ne indicano i due principali, il cui impatto ha segnato profondamente anche i decenni successivi.
- Dal primato del lavoro al primato della lotta all’inflazione. La riduzione dell’inflazione e del denaro circolante determinò una diminuzione delle attività industriali e dei posti di lavoro, nonché l’inizio di un lungo processo di perdita di valore dei salari (spiegabile attraverso la dinamica del mercato del lavoro: essendoci meno posti disponibili, pur di accedervi le persone tendono ad accontentarsi di paghe e condizioni meno vantaggiose).
- Il secondo segnale di un cambiamento economico duraturo si ebbe con la deregolamentazione dei movimenti dei capitali. Fino alla fine degli anni Settenta i capitali bancari e finanziari di un Paese avevano grossi vincoli se volevano muoversi verso altri lidi. Nella nuova situazione di crisi questi impedimenti furono giudicati eccessivi e le leggi che limitavano il movimento internazionale dei capitali
Fonti bibliografiche
- Francesco Petrini, La crisi energetica del 1973. Le multinazionali del petrolio e la fine dell’età dell’oro (nero), in Contemporanea, 15 (2012), n. 3, pp. 445-473
- Colin Campbell e Jean H. Laherrère, The end of cheap oil di Scientific American marzo 1998, tradotto in italiano da Le Scienze (“La fine del petrolio a buon mercato“).
- Ugo Bardi, La fine del petrolio, Editori Riuniti, 2003
- Richard Heuinberg, La festa è finita, Fazi Editore, 2004
- Piero Angela, La sfida del secolo, Mondadori, 2006
Altri materiali
- Rai Storia – Crisi petrolifere ’70
- Tutti a piedi o, al massimo, a “targhe alterne”
Scene dell’Italia del 1973, l”anno del grande choc petrolifero che investe tutto il mondo occidentale