Schede e approfondimenti
Il “triangolo caratteristico” di Leibniz
Si voglia tracciare il segmento DP della tangente ad una curva nel suo punto P di coordinate note (x0, y0).
Questo problema può essere risolto se si determina l’ascissa xD del punto D in cui la tangente alla curva interseca l’asse delle ascisse: poiché x0 è noto, basterà calcolare la lunghezza t del segmento DA, chiamato sottotangente. A tale scopo, si considerino un incremento finito Δx dell’ascissa di P, e il corrispondente incremento Δy di y0, in modo da ottenere il punto P’ della curva di coordinate (x0 + Δx, y0 + Δy): si disegni la secante PP’ alla curva.
Tracciando una spezzata di estremi P e P’, i cui lati hanno gli estremi sulla curva, si osserva facilmente che, all’aumentare del numero di questi, ciascun segmento della spezzata assume una lunghezza sempre minore, e tende sempre di più a confondersi con l’arco di curva che sottende.
Leibniz afferma che, quando il numero dei lati della spezzata diviene infinitamente grande, in corrispondenza di un incremento infinitesimo dx e dy di x0 e y0 si ottiene un punto Q della curva infinitamente vicino a P, di coordinate (x0 + dx, y0 + dy), e si può considerare un triangolo rettangolo (il “triangolo caratteristico”) i cui cateti sono dx e dy, e avente come ipotenusa il segmento PQ, che (in base al principio di continuità leibniziano) si può identificare sia con l’arco di curva di estremi P e Q che con un segmento di lunghezza infinitesima ds appartenente alla tangente DP.
Poiché i triangoli rettangoli DPA e PQR sono simili, risulta:
PA : DA = QR : DR,
ossia:
t : y0 = dx : dy ;
in conclusione:
t = y0 = y0 ;
Pertanto, applicando le regole del calcolo infinitesimale per determinare dy/dx oppure dx/dy, si può ricavare la sottotangente DP, e quindi ottenere l’ascissa del punto D per tracciare la tangente in P alla curva: il suo coefficiente angolare (rapporto fra la variazione delle ordinate di due suoi punti e quello delle corrispondenti ascisse) è dy/dx.
È opportuno osservare che questo ragionamento presuppone che la proporzione: PA : DA = QR : DR abbia significato: tuttavia, questo non è rigorosamente corretto, perché i differenziali dx e dy non sono grandezze archimedee, e quindi non può essere impiegata la teoria euclidea delle proporzioni.
Il “triangolo caratteristico” è utilizzato da Leibniz anche per giustificare l’affermazione che l’area compresa fra una curva del piano cartesiano, l’asse delle ascisse e le rette di equazione x = h e x = k (dove h e k sono le ascisse di due punti della curva) è uguale alla “somma” (all’aggregato) di un numero infinito di rettangoli di area infinitesima.
Se l’intervallo fra h e k è suddiviso in un numero infinitamente grande di segmenti di lunghezza dx, la superficie che si vuole calcolare equivale alla composizione di un numero infinito di rettangoli infinitesimi di base y e altezza dx, e di un numero infinito di “triangoli caratteristici”: però l’area di ciascuno di essi, che è data da dx dy / 2, essendo il prodotto di due infinitesimi può essere trascurata rispetto all’area y dx di ogni rettangolo. Così – scrive Leibniz nel 1680 – rappresento con il mio calcolo l’area della figura con , dove il simbolo ∫ (deformazione della lettera S di Summa), introdotto da Leibniz, sarà universalmente adottato nel calcolo integrale per indicare un’area.