Camille Flammarion: L’Atmosphere – Météorologie Populaire, 1888.
Maurits Cornelis Escher, Galleria di stampe (Prentententoonstelling) 1956.
1 BRICK
Comprendere l’importanza del linguaggio fisico e verbale nella comunicazione, essere in grado di osservare e valutare il linguaggio dei compagni e comincia ad essere consapevole del suo modo di usare il linguaggio.
2 BRICK
Comprendere diversi generi di messaggi e di una certa complessità trasmessi con vari supporti e modula il linguaggio verbale e quello fisico in modo tale da essere compreso dal suo interlocutore.
3 BRICK
Comprendere nel complesso la complessità della comunicazione e usare in modo molto appropriato e creativo le diverse forme di linguaggio e gli strumenti di supporto della comunicazione perché il messaggio arrivi in maniera chiara ed immediata al suo interlocutore.
Camille Flammarion: L’Atmosphere – Météorologie Populaire, 1888.
Maurits Cornelis Escher, Galleria di stampe (Prentententoonstelling) 1956.
Si ipotizzi che Achille e una tartaruga siano due corpi puntiformi in moto su una retta con rispettive velocità costanti vA = 11 m / s e vT = 1 m / s, e che la tartaruga abbia un vantaggio iniziale x0T = 22 m. Le leggi orarie dei due corpi (ossia le relazioni fra la posizione x e il tempo t di ciascuno di essi) siano:
xA = vA t ;
xT = vT t + x0T.
Analizzare il testo e inserire negli spazi le parole e i simboli appropriati scegliendoli dall’elenco.
Essi [i Pitagorici] pongono, poi, come princìpi costitutivi del numero il pari e il dispari; di questi, il primo è illimitato, il secondo limitato. L’uno deriva da entrambi questi elementi, perché è, insieme, e pari e dispari. Dall’uno, poi, procede il numero; e i numeri, come si è detto, costituirebbero tutto quanto l’universo.
Altri Pitagorici affermarono che i princìpi sono dieci, distinti in serie < di contrari>:
(Aristotele: Metafisica, A (I) 5, 986 a 17 – 26, traduzione e cura di G. Reale, Rusconi, Milano 1999)
Nessuna menzogna accoglie in sé la natura del numero, né l’armonia; il falso nulla ha in comune con esse. Menzogna e inadeguatezza sono proprie della natura dell’illimitato, dell’inintelligibile, dell’irrazionale. Giammai menzogna spira verso il numero; alla cui natura, difatti, è ostile e nemica la menzogna, mentre la verità è propria e connaturata alla specie del numero.(Filolao, in Stobeo, Ecloghe sulla natura e l’etica; in I Presocratici, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2008)
Colui che per primo rivelò la natura delle grandezze commensurabili e incommensurabili a coloro che non erano degni di partecipare a tante cognizioni, si dice che incorresse in tanto odio, che non solo fu escluso da ogni compagnia e convivenza, ma che gli fu anche costruita una tomba, come se colui che una volta era un compagno, avesse davvero cessato di vivere. Altri dicono, che anche la divinità si adirasse con i divulgatori delle dottrine di Pitagora. Infatti, perì come empio in mare […] colui che aveva divulgato la dottrina degli irrazionali e degli incommensurabili.
(Giamblico, Vita di Pitagora; in I Presocratici, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2008)
Narrano i Pitagorici che il primo divulgatore di questa teoria [delle grandezze incommensurabili] fu vittima di un naufragio; e parimenti si riferiscono alla credenza che tutto ciò che è irrazionale, completamente inesprimibile e informe deve rimanere nascosto; e se qualche anima si rivolge a un tale aspetto della vita, rendendolo accessibile e manifesto, essa viene trasportata nel mare delle origini, e ivi flagellata dalle onde senza pace.
(Scolio (attribuito a Proclo) al libro X degli Elementi di Euclide; in E. Giusti, Teoria delle proporzioni e numeri reali; in E. Bellone, E. Giusti (curr.): Argomenti di storia della scienza: Matematica e Fisica – Università di Pavia (1986))
Rispondere correttamente alle domande
Utilizzando lo schema del ragionamento per assurdo, il gruppo provi a giustificare la conclusione che l’essere è spazialmente infinito.
Individua nel testo le possibilità riconosciute all’uomo e le condizioni della sua finitezza.
L’Antigone di Euripide è una tragedia scritta tra il 420 e il 406 a.C. In essa, nel I stasimo, il coro enuncia la grandezza dell’uomo tra tutti i viventi.
Sofocle, Antigone, I stasimo
Molte meraviglie vi sono al mondo,
nessuna meraviglia è pari all’uomo.
Quando il vento del Sud soffia
in tempesta, varca il mare
bianco di schiuma e penetra
fra i gorghi ribollenti;
anno dopo anno rivolge,
con l’aratro trainato dai cavalli,
la più grande fra le divinità,
la Terra infaticabile, immortale.
E gli uccelli spensierati,
gli animali selvatici,
i pesci che popolano il mare,
tutti li cattura, nelle insidie
delle sue reti ritorte,
l’uomo pieno d’ingegno;
e con le sue arti doma le fiere
selvagge che vivono sui monti
e piega sotto il giogo
il cavallo dalla folta criniera
e il vigoroso toro montano.
Ha appreso la parola
e il pensiero veloce come il vento
e l’impegno civile; ha imparato
a mettersi al riparo
dai morsi del gelo
e dalle piogge sferzanti.
Pieno di risorse, mai sprovvisto
di fronte a ciò che lo attende,
ha trovato rimedio a mali
irrimediabili. Solo alla morte
non può sfuggire.
Padrone assoluto
dei sottili segreti della tecnica,
può fare il male
quanto il bene.
Se rispetta le leggi del suo paese
e la giustizia degli dei,
come ha giurato, nella città
sarà considerato grande;
ma ne sarà cacciato
se per arroganza
lascerà che il male lo contamini.
Spero che un simile individuo
non si accosti al mio focolare,
non condivida i miei pensieri.